Caviale sì, ma made in Italy
Odio i clienti ignoranti, la cucina non è per tutti (Gualtiero Marchesi)
Nel mondo della gastronomia e ristorazione esistono materie prime, quali il caviale italiano, che richiedono la necessaria conoscenza, al fine di non imbattersi in luoghi comuni, o peggio, di confondersi con qualcos’altro.
Del resto, le uova dei pesci vengono accuratamente selezionate. Solo quelle salate e ricavate dallo storione possono fregiarsi del termine di caviale.
L’universo del caviale, inoltre, è ricco di varietà, ognuna delle quali caratterizzata da una storia precisa. Il prezzo non è tutto. Sapore, profumo, consistenza, livello di maturazione, sono altri parametri da tenere in considerazione per valutare un buon caviale italiano.
Nell’immaginario collettivo diventa piuttosto automatico associare il caviale al mondo del lusso, ai piaceri della vita e senza contare chi pensa a questo alimento solo in virtù delle straordinarie proprietà afrodisiache che regala.
Questo è in parte vero ma non si può pensare alle uova di storione in modo così riduttivo e semplicemente come il costoso cibo degli zar. Il caviale, conosciuto già nell’antica Persia e in Russia, vanta una lunga tradizione ed è stato anche lo sfizio di greci e di romani.
Attualmente in pochi sono in grado comprendere quando ci si trovi realmente di fronte alle uova di storione sapientemente maturate. Pochi riescono a distinguere le varietà più pregiate di caviale italiano. Anche i più avveduti non sanno cogliere le reali qualità dell’alimento, dimostrandosi poco interessati nel leggere le informazioni che vengono riportate sull’etichetta, nonché ad approfondire tutti i passaggi che riguardano la filiera.
Insomma, dietro al caviale ruota ancora scarsa informazione, anche per quanto riguarda i progressi raggiunti negli ultimi anni nel segmento dell’acquacoltura. Tutto ciò ha permesso una produzione maggiormente sostenibile e un abbattimento dei costi, con la conseguente diffusione sul mercato di caviali con un prezzo più accessibile.
Allora, come può un ignaro consumatore districarsi nel vasto mondo del caviale? Esistono dei sistemi per evitare di essere truffati e per non ritrovarsi a degustare solo delle imitazioni prodotte industrialmente?
La regola di base è sempre quella di leggere l’etichetta. Anche quando ci si trova al ristorante chiedere informazioni più approfondite sul caviale che viene servito è un diritto del cliente. Non è infrequente che chi ha scarsa dimestichezza con il caviale tenda a confonderlo con le uova di lombo, di trota, di aringa, di muggine o di salmone.
Naturalmente la scoperta del caviale è strettamente connessa con i sensi. Odore pressoché assente, consistenza compatta, colori brillanti, gusto delicato o leggermente iodato, sono generalmente indici di buona qualità del prodotto. Diversamente, un’eccessiva quantità di sale o la presenza di uova troppo compatte e rotte denotano solitamente un caviale non di alta gamma.
Colore e dimensioni, tuttavia, non devono trarre in inganno. Caviali piccoli e dalla colorazione più scura possono offrire emozioni organolettiche uniche. Tutto viene poi rimesso ai gusti soggettivi, coloro che non intendono badare a spese e desiderano un prodotto versatile, dal sapore accentuato e con sentori di alghe possono puntare sui caviali più scuri.
Infine, il caviale merita un adeguato servizio. Occorre mantenerlo freddo anche in tavola servendosi del ghiaccio tritato. Bandite le comuni posate. Andranno usati cucchiaini in ceramica per non alterare il sapore. Serviranno per adagiare il caviale fra il pollice e l’indice, in modo da assaporarlo direttamente dalle proprie mani.